Ho trovato questo testo sintetico che spiega cos'è la Teoria delle Stringhe, materia di indagine di gran parte dei fisici moderni, che prevede, fra l'altro, l'esistenza di un numero di dimensioni molto superiore alle 3 a cui siamo abituati....
Buona lettura!
LA MADRE DI TUTTE LE TEORIE
Albert
Einstein dedicò gli ultimi trent’anni della sua vita alla ricerca della
cosiddetta “teoria unificata del campo” ossia di quella teoria che avrebbe
dovuto unificare le leggi della gravità e dell’elettromagnetismo in modo da
consentire una descrizione unitaria dei fenomeni naturali. Il suo progetto
fallì, ma in nessun caso avrebbe potuto andare a buon fine perché a quel tempo
molte erano le lacune relative alla conoscenza del mondo fisico. Quando
Einstein intraprese il suo tentativo di unificazione si conoscevano ad esempio
solo tre particelle elementari (l’elettrone, il protone e il fotone) ed erano
note due sole interazioni fondamentali (l’elettromagnetismo e la gravitazione).
Attualmente le particelle elementari sono oltre cento: un numero perfino
eccessivo rispetto a quello necessario a spiegare l’ordine cosmico tanto che
quando venne individuato il muone, una particella simile all’elettrone
ma 200 volte più pesante di esso, il premio Nobel Isaac Rabi accolse la nuova
scoperta con un infastidito: “Chi l’ha ordinato questo?” Le forze fondamentali
frattanto sono diventate quattro e la loro unificazione è divenuto l’obiettivo
centrale della ricerca di fine secolo. I metodi di indagine che si adottano
attualmente sono originali e sembra esserci un netto progresso in questo campo
della ricerca anche se in realtà l’unificazione della gravitazione con le altre
tre forze non è stata ancora realizzata. I fisici ritengono tuttavia di avere
imboccato la strada giusta che porta alla formulazione di quell’unica teoria in
grado di spiegare tutto quanto esiste nell’Universo. La nuova teoria sulla
quale si sta lavorando si chiama delle superstringhe.
1. LA TEORIA DELLE
SUPERSTRINGHE
Come è noto, due sono i pilastri su cui si fonda la fisica moderna: la
relatività generale fondata da Albert Einstein e la meccanica quantistica
fondata da Max Planck. La prima svolge a meraviglia il compito di spiegare il
comportamento degli oggetti di grandi dimensioni (stelle, galassie, ammassi di
galassie, ecc.) presenti nell’Universo; la seconda ci permette di comprendere
il mondo atomico e subatomico (molecole, atomi, elettroni, quark, ecc.). Queste
due teorie, che hanno consentito un progresso straordinario della fisica
dell’ultimo secolo, presentano tuttavia un difetto insuperabile: non sono fra
loro compatibili.
Di
questa incompatibilità i fisici non hanno mai tenuto conto perché il campo di
indagine delle due teorie è molto diverso e quando vi era la necessità di
studiare gli oggetti piccoli e leggeri si faceva ricorso alla meccanica
quantistica senza preoccuparsi di quello che afferma la relatività mentre,
quando vi era la necessità di studiare oggetti grandi e pesanti, si
utilizzavano le leggi della relatività generale senza interessarsi degli
enunciati dell’altra teoria: non succedeva mai in passato che fosse
indispensabile far ricorso ad entrambe le teorie simultaneamente. Ultimamente
però le cose sono cambiate: i buchi neri ad esempio sono oggetti pesanti ma
contemporaneamente molto piccoli e lo stesso Universo sarebbe emerso da una
particella infinitamente piccola e insieme estremamente pesante e calda. Su
questi oggetti servirebbe quindi l’applicazione contemporanea delle due teorie.
Oggi,
come abbiamo accennato, esiste una teoria detta delle superstringhe in grado di
mettere d’accordo la meccanica quantistica e la relatività generale. Essa
spiegherebbe il comportamento della materia, delle forze che tengono insieme
gli oggetti materiali, e forse anche dello spazio e del tempo. Secondo questa
teoria tutto ciò che esiste nell’Universo non sarebbe altro che la
manifestazione di “energia vibratoria”. Cerchiamo di spiegare di cosa si
tratta.
La nuova
teoria prese l’avvio nel 1968 da un’osservazione del fisico italiano Gabriele
Veneziano, a quel tempo ricercatore presso il Cern di Ginevra. Egli stava
analizzando una serie di dati sperimentali riguardanti la forza nucleare forte
quando notò che una formula utilizzata per descrivere una classe di curve
geometriche, la cosiddetta “funzione beta”, inventata 200 anni prima dal
matematico svizzero Leonhard Euler (meglio noto con il nome latinizzato di
Eulero), forniva un’utile sistemazione matematica dell’argomento che stava
studiando.
L’intuizione di Veneziano venne in seguito ampliata e si scoprì che se
le particelle elementari venivano assimilate a fili vibranti (detti stringhe o
corde, in inglese string) invece che ad enti puntiformi privi di
struttura interna come suggeriva il cosiddetto Modello Standard (lo strumento concettuale
che è stato utilizzato, nel corso del Novecento, per spiegare il comportamento
delle particelle elementari) la funzione beta avrebbe descritto con altrettanta
coerenza le interazioni fra particelle.
Le
stringhe (non ci si lasci ingannare dal nome) sono fili infinitamente corti e
sottili tanto che risulterebbero invisibili anche se venissero esaminati da
strumenti miliardi di volte più potenti di quelli attualmente disponibili: sono
lunghi un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di
centimetro (miliardi di miliardi di volte più piccoli di un nucleo atomico) e
di spessore nullo. Si tratta di strutture le cui dimensioni sono vicine alla
cosiddetta lunghezza di Planck (10-33 cm) la più piccola concepibile
in fisica, ma che vengono tese con una forza incredibilmente grande: fino a 1039
tonnellate. Sarebbe proprio questa enorme tensione a determinare la frequenza
di vibrazione: più essa è grande, maggiore è la massa della particella
associata e di conseguenza maggiore è la forza di gravità che questa particella
esercita sulle altre. Questo sarebbe l’indizio per il quale la teoria delle
superstringhe collegherebbe la gravità descritta dalla relatività generale con
la struttura delle particelle elementari descritta dalla meccanica quantistica.
Vi è una
sostanziale differenza fra le teorie della gravità di Newton e di Einstein e
quella che scaturisce dalla teoria delle superstringhe. Con le loro teorie
Newton ed Einstein spiegano semplicemente un fenomeno di cui già si aveva esperienza
diretta; nel caso della teoria delle stringhe la gravità si trova invece
direttamente incorporata nel suo nucleo teorico tanto che, anche qualora non ci
fosse stata alcuna esperienza precedente di questa forza, essa sarebbe emersa
come conseguenza della teoria stessa. In altri termini la teoria delle
superstringhe prevede l’esistenza della gravità perché da essa emergono
spontaneamente tutte e quattro le particelle mediatrici (o messaggere) delle
interazioni fondamentali e la loro unificazione avviene in modo naturale.
I modi
di vibrazione di questi fili sottilissimi e cortissimi spesso chiusi ad anello
generano tutte le particelle elementari che costituiscono il nostro Universo un
po’ come una corda di violino più o meno tesa (ma mai applicando ad essa forze
come quelle previste dalla teoria delle superstringhe!) genera un numero
praticamente infinito di toni musicali. Il prefisso super fu aggiunto
alla teoria delle stringhe quando si scoprì che la teoria stessa possedeva una
supersimmetria, cioè quando ci si rese conto che ad ogni particella di materia
corrispondeva una particella di forza e viceversa.
Per
capire di cosa si tratta si deve sapere che le particelle elementari si
dividono in due grandi famiglie: “fermioni” (dal nome del fisico italiano
Enrico Fermi) e “bosoni” (dal nome del fisico indiano Satyendra Bose). Della
prima famiglia fanno parte le particelle di materia come elettroni e quark;
della seconda le particelle mediatrici delle forze come fotoni e gravitoni.
Ebbene, la supersimmetria afferma che ad ogni particella conosciuta ne
corrisponde un’altra di aspetto sconosciuto ma di comportamento simile; a
queste particelle, nonostante nessuno le abbia mai viste, è stato peraltro
assegnato un nome: per esempio, simmetrica al fotone (la particella
mediatrice della forza elettromagnetica) corrisponde il fotino
(particella materiale); il partner simmetrico del quark (un fermione) è
il bosone s-quark, e così via.
2. LA M-teoria
La
teoria delle superstringhe comprende ben cinque varianti denominate tipo I, tipo IIA, tipo IIB, eterotica O ed eterotica E, tutte
teorie molto simili fra loro ma non identiche. Di simile hanno ad esempio il
fatto che tutte quante necessitano di nove dimensioni dello spazio (oltre a
quella temporale) entro cui poter agire e non solo delle tre di cui abbiamo
percezione diretta. Di queste complessive dieci dimensioni sei sono invisibili,
risultando strettamente accartocciate su sé stesse (con termine tecnico si
dicono compattificate, un obbrobrio lessicale) perché “strangolate”
dalle stringhe che si avvolgono intorno ad esse (come fossero elastici che
stringono la camera d’aria di una bicicletta) impedendo loro di espandersi.
L’aggiunta di dimensioni nascoste a quelle
osservabili può apparire una cosa bizzarra e indimostrabile, ma in realtà si
tratta di una buona ipotesi: non servono infatti osservazioni sperimentali a
confermare un’ipotesi se questa può essere utile per fornire una chiara
descrizione del mondo fisico. Qualcosa di simile era già successo in passato
quando uno sconosciuto matematico polacco di nome Theodor Kaluza inviò ad
Einstein un articolo in cui avanzava il convincimento che l’Universo avrebbe
potuto avere una quarta dimensione spaziale oltre a quella temporale già
inserita nella sua teoria della relatività. Kaluza notò che la presenza di una
dimensione extra dava luogo ad una serie di equazioni aggiuntive a quelle
indicate da Einstein che non erano altro che le equazioni formulate da Maxwell
per descrivere la teoria elettromagnetica. In altre parole in uno spazio a
cinque dimensioni si unificavano gravitazione ed elettricità.
I cinque sottotipi della teoria delle
superstringhe mostrano però anche alcune differenze sostanziali. Differiscono
fra l’altro per il modo in cui incorporano la supersimmetria o per la forma
delle stringhe: la teoria di tipo I ad esempio, a differenza delle altre,
prevede la presenza anche di stringhe aperte, cioè con gli estremi liberi,
oltre che di stringhe chiuse ad anello.
Nel 1995 il fisico teorico Edward Witten scoprì
che le cinque teorie di superstringa erano intimamente connesse l’una all’altra
tanto da poter essere raggruppate in un unico schema concettuale a cui fu
assegnato il nome di M-teoria, dove M starebbe per madre: quindi si tratterebbe
della “madre di tutte le teorie”. Questa nuova scoperta potrebbe portare alla
tanto agognata Teoria del Tutto (Toe, come la chiamano gli anglosassoni, Theory
of everything) ma molte delle sue proprietà non sono state ancora comprese
a fondo.
La M-teoria esibisce
alcune caratteristiche aggiuntive rispetto a quelle presenti nelle
superstringhe. Innanzitutto essa postula che le dimensioni passino da dieci ad
undici: alle nove dimensioni spaziali e a quella temporale presenti nelle
teorie delle superstringhe se ne aggiunge quindi un’altra la cui presenza
consente di portare a termine calcoli esatti e non solo approssimati come erano
quelli che si ottenevano in precedenza. Una seconda caratteristica della
M-teoria è quella di contenere, oltre a strutture unidimensionali di cui si è
detto, anche altri elementi che si possono estendere in più dimensioni:
nell’insieme questi oggetti vengono definiti brane (termine ricavato da
mem-brane). Usando questa nuova e originale terminologia le stringhe sono
chiamate 1-brane, le 2-brane sono membrane ovvero superfici bidimensionali, ma
esistono anche masserelle tridimensionali (tribrane) e altri oggetti a più
dimensioni tutti in frenetica e incessante vibrazione. A causa della presenza
di oggetti più estesi delle stringhe, l’M-teoria viene anche detta “teoria
delle membrane”, ma a questo punto i più maliziosi assegnano alla lettera M
della teoria il significato di “mistero”.
3. LA TEORIA SPIEGA
L’ORIGINE DELL’UNIVERSO
Uno dei problemi che da sempre assilla la mente
dell’uomo è quello relativo all’origine dell’Universo. La teoria scientifica
attualmente più accreditata, quella del big bang, afferma che l’Universo, nei
primi istanti della sua esistenza era di dimensioni incredibilmente esigue ma
contemporaneamente estremamente denso e caldo. Per analizzare in termini
scientifici condizioni così estreme sarebbe necessario disporre di una teoria
quantistica delle gravità; ma, come abbiamo visto, una tale teoria non esiste.
Per questo motivo il cosiddetto Modello cosmologico standard è costretto a
descrivere l’evoluzione dell’Universo a partire da una particella elementare di
dimensioni minime presente al tempo t=10-43 secondi dall’inizio
(detto tempo di Planck).
In realtà, estrapolando all’indietro le
equazioni della relatività generale si osserva che l’Universo diventa sempre
più piccolo e contemporaneamente sempre più caldo e più denso fino a scomparire
del tutto quando si raggiunge il tempo zero, mentre temperatura e densità in
quello stesso istante assumono valori infiniti. Ovviamente queste conclusioni
lasciano gli astrofisici fondamentalmente insoddisfatti e perplessi.
Ora, la teoria delle superstringhe sembra poter
risolvere queste contraddizioni e dare una risposta più precisa e convincente
al problema relativo all’origine dell’Universo anche se per la verità la strada
da percorrere non solo è lunga, ma anche accidentata. La modifica più
sostanziale che la nuova teoria apporta al Modello cosmologico standard è
quella riguardante le dimensioni che avrebbe assunto l’Universo all’inizio dei
tempi: esse non avrebbero potuto ridursi al di sotto di un valore minimo. La
teoria delle superstringhe in altre parole non prevede la cosiddetta Singolarità
cioè il fatto che l’Universo possa ridursi fino ad assumere dimensioni nulle.
L’altro aspetto fondamentale della teoria è quello relativo alle dimensioni che
non sono più quattro (come previsto dal Modello standard) ma ben undici e ciò
comporta la necessità di seguire l’evoluzione nel tempo di tutte quante queste
dimensioni.
Proprio qualora si segua l’evoluzione
delle molteplici dimensioni dell’Universo utilizzando le equazioni contenute
nella teoria delle superstringhe si osserva che quando queste scendono al di
sotto della lunghezza di Planck, anziché diminuire ulteriormente, riprendono a
crescere e la temperatura segue di pari passo la variazione delle dimensioni
dell’Universo: ovvero, raggiunto un valore massimo, essa inizia a diminuire.
Sulla base dei risultati cui conduce la
teoria delle stringhe sono stati elaborati alcuni nuovi modelli cosmologici uno
dei quali prevede l’esistenza di un Universo ciclico senza un inizio nel tempo
e senza una fine, in un alternarsi ininterrotto di contrazioni e di espansioni.
Esso sarebbe confinato entro due membrane tridimensionali (possiamo immaginare
due spessi cartoncini identici piatti e paralleli) che evolvono nel tempo (cioè
nella quarta dimensione) e fluttuano in una quinta dimensione entro la quale si
fa sentire la forza di gravità mentre le altre sei, al solito, sarebbero
piccole e arrotolate entro la trama spaziale. Le particelle che stanno
all’interno delle due membrane evolverebbero in modo indipendente ma potrebbero
anche interagire attraverso la particella mediatrice della forza di gravità, il
gravitone, il quale oltre che agire all’interno della brana potrebbe passare da
un Universo all’altro movendosi a spirale intorno ad una delle tante dimensioni
extra. Le particelle di una delle due membrane si comporterebbero come materia
oscura per l’altra; inoltre, l’energia oscura (una forma supplementare di
materia ignota) che nel modello standard non trovava giustificazione teorica,
nel nuovo modello presenta un ruolo fondamentale nel guidare l’espansione
accelerata a cui l’Universo sembra essere soggetto.
Le due membrane possono anche collidere
l’una con l’altra alla conclusione della lunga fase di avvicinamento ma subito
dopo rimbalzerebbero e si allontanerebbero per ritornare successivamente ad
avvicinarsi in un processo senza fine.
Il problema è ora quello di verificare se
il modello si adatta bene alla realtà ma la cosa non sembra semplice anche
perché il modello stesso si poggia su teorie che a loro volta necessitano di
verifiche sperimentali. Per studiare le superstringhe in laboratorio sarebbe
necessario disporre di energie alcuni miliardi di miliardi di volte maggiori di
quelle attuali, per creare le quali si dovrebbe costruire un sincrotrone grande
quanto la Galassia.
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